pellizzari roglic

Negli ultimi giorni, il Giro ha offerto emozioni e scossoni in classifica. Ma, nonostante la tappa vinta oggi, per il tifo italiano resta un senso di incompiuto. Non solo per la sfortuna che ha colpito Ciccone e Tiberi, entrambi rallentati da cadute e acciacchi, ma anche – e forse ancor di più – per la sensazione che un talento come Giulio Pellizzari non sia stato messo nella condizione di giocarsi davvero le sue carte.

Pellizzari, infatti, ha dato prova di grande solidità e crescita. Oggi più che mai, quando si è ritrovato senza un capitano al fianco, ha saputo gestire la corsa con maturità e coraggio. Il problema? Proprio quel capitano, Primož Roglic, che pur partendo con i favori della squadra e i galloni del leader, si è rivelato ben presto in difficoltà. Eppure, né lui né la Bora hanno mai voluto cambiare rotta.

È chiaro che Roglic non fosse nella forma dei giorni migliori. Chiunque lo osservasse attentamente se ne poteva accorgere. E lo stesso sloveno, con l’esperienza che ha, non poteva non rendersene conto. Nonostante questo, ha continuato a essere il punto di riferimento del team, accumulando ritardi e consumando le energie di chi, come Pellizzari, avrebbe meritato ben altra libertà d’azione.

La squadra non ha mai davvero messo in discussione la sua leadership, nemmeno quando i segnali erano evidenti. Nessuna strategia alternativa, nessun piano B. Tutto su Roglic, fino all’inevitabile epilogo: l’ennesima caduta, l’ennesimo ritiro. E vien da chiedersi se non sia giunto il momento, per lui, di dedicare un po’ più di tempo alla guida in discesa, anche a costo di sacrificare qualche watt in allenamento.

Il paradosso è che, caduta o no, Pellizzari stava andando più forte del suo capitano. Ma costretto a fare da gregario, ha visto sfumare ogni possibilità di giocarsi qualcosa di grande. Una gestione poco lungimirante, che ha sacrificato un giovane in crescita per un leader che non dava più garanzie.

Affidarsi a Roglic, oggi, è una scommessa a doppio taglio. Non è un corridore da costanza assoluta, come possono essere i fratelli Yates: sempre presenti, affidabili, anche se non sempre vincenti. Roglic è un talento capace di exploit impressionanti, ma anche soggetto a improvvise battute d’arresto. E sentire dire che “non stava bene” solo dopo aver fatto lavorare tutta la squadra per sé, lascia più di un dubbio sul rispetto verso i compagni.

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