Con le prime tre tappe in Albania già alle spalle, la sensazione è che il Giro d’Italia abbia già trovato un padrone: Primoz Roglic. Lo sloveno ha iniziato la corsa in maniera esplosiva – forse troppo – lanciandosi in una volata fuori portata già nella tappa d’esordio, nel tentativo piuttosto azzardato di restare tra i primissimi.
Nella seconda giornata, la sconfitta contro Tarling è arrivata per un dettaglio più tecnico che fisico. Roglic sembrava nettamente il più forte sul piano della potenza, ma le sue difficoltà nelle curve hanno fatto la differenza. Tarling, invece, ha disegnato traiettorie da manuale, sfruttando ogni centimetro della carreggiata come un vero funambolo. Malgrado la stazza, è riuscito a portare la bici al limite dell’aderenza – in alcune curve lo pneumatico posteriore ha iniziato persino a derapare leggermente – mostrando una padronanza del mezzo notevole.
Roglic, comunque, è riuscito a prendersi la Maglia Rosa, uno degli obiettivi più ambiti, e sembra intenzionato a difenderla fino all’ultimo giorno. A mettergli pressione ci proveranno Ayuso e Del Toro, portacolori della UAE, anche se la squadra emiratina ha spesso faticato a trovare soluzioni tattiche brillanti senza Pogacar in squadra.
Tra gli italiani, sorprende la scelta di Ciccone di spendersi così tanto per Pedersen. Nulla da dire sul piano tattico – la Lidl-Trek si sta dimostrando una delle squadre più lucide del gruppo – ma viene da chiedersi se Ciccone non farebbe meglio a preservare energie per le tappe chiave, dove potrebbe davvero lasciare il segno.
Per ora, Roglic sembra avere la situazione sotto controllo. Ma la sua più grande incognita resta sempre la stessa: se stesso. In passato ha dimostrato di saper vincere, ma anche di buttare via tutto per eccesso di fiducia in situazioni in cui avrebbe potuto semplicemente gestire. La discesa, in particolare, continua a essere il suo punto vulnerabile.
Chissà se qualcuno nelle prossime settimane avrà il coraggio di inventarsi qualcosa di fuori dagli schemi. Come fece Nibali. O, andando ancora più indietro, Chiappucci.