liegi bastogne liegi 2025

Quest’anno Pogacar ha perso solo contro Van Der Poel – un altro fuoriclasse come lui – e contro Skjelmose, in quella giornata dove davvero tutti gli astri si sono allineati in favore del danese. Arrivare assieme a Pogacar nelle fasi decisive di una corsa è come portare il miglior velocista a disputare una volata: sai già come andrà a finire. Con la differenza che il velocista devi trascinarlo con te per un chilometro… Pogacar te lo devi portare dietro per 40.

Guardando il comportamento del gruppo, sembra quasi che si siano semplicemente rassegnati. Come se la vittoria fosse già assegnata prima ancora di provarci. E da un certo punto di vista, gestire così le proprie forze è intelligente: provare a seguire lo sloveno nel momento dello scatto sarebbe deleterio.
Però manca qualcosa. Manca una grande trovata tattica, un’idea geniale architettata da una squadra intera.

Perché l’unico modo per battere Pogacar oggi sarebbe quello di coalizzarsi. Provare a creare qualcosa da lontano, far lavorare fino allo stremo i suoi compagni di squadra, isolarlo, e poi attaccarlo non con il solito uno contro uno – che sarebbe sempre perso – ma con una serie di assalti ragionati da parte di corridori forti, coordinati e determinati.

Mi viene in mente la Gewiss-Ballan di tanti anni fa, che sfidava il “marziano” Miguel Indurain. Un poker di assi contro l’invincibile. Difficilissimo, certo, specie contro uno che riesce a guadagnare da solo prima su quattro inseguitori agguerriti – e che quattro! – e poi addirittura su un intero gruppo.
Ma almeno allora si vedeva il tentativo. Si vedeva una strategia.

liege bastogne liege 2025

Dopo aver visto la Liegi Bastogne Liegi 2025, mi è rimasta una sensazione di vuoto. Avrei voluto assistere a una di quelle strategie disperate che magari non avrebbero cambiato il risultato finale, ma avrebbero almeno acceso la corsa, tenendomi incollato allo schermo nella speranza che un attacco “impossibile” potesse mettere in crisi lo sloveno.
E invece no: anche la Liegi, con un Pogi così, ha rischiato di diventare persino noiosa.
Se non altro, a salvarla c’è stato il secondo posto costruito con grande maestria da Giulio Ciccone.

Alla fine penso che stiamo vivendo un’epoca di ciclismo estremamente individualista, dove la collaborazione tra compagni di squadra sembra ormai fuori moda.
Un ciclismo dove i ruoli sono definiti in modo quasi ossessivo – come dimostrato dalla figuraccia della Visma alla Dwars door Vlaanderen – e dove la fantasia lascia il posto alla pura forza.
Bene per i più forti, che dominano ovunque.
Un po’ meno bene per noi spettatori, che ogni volta rischiamo di guardare una corsa pensando soltanto:
“Oggi qualcuno riuscirà a batterlo?

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