Se nelle ultime stagioni ci eravamo abituati a vedere bagliori di campioni che accendevano micce in ogni angolo del globo, facendoci pregustare grandi spettacoli nelle corse più importanti, il 2025 è invece partito esattamente al contrario.
Tolto quell’incredibile Hulk che risponde al nome di Pogacar, dominatore assoluto in lungo e in largo, il resto della saga dei supereroi è miseramente naufragato in questo inizio d’anno.
È vero, tra cadute e contrattempi vari ci sono attenuanti. Ma parliamo pur sempre di fuoriclasse che, fino a ieri, sembravano di un’altra categoria rispetto al resto del gruppo.
Prendiamo Van Aert, ad esempio: uno che, in un solo Tour de France, ha saputo vincere una cronometro, una tappa con doppio Mont Ventoux e addirittura la volata finale sugli Champs-Élysées. Insomma, uno che una gara “normale” la porterebbe a casa anche con una gamba rotta. E invece, per ora, di lui nessuna traccia.
Così come è sparito Van der Poel, che solo poche settimane fa sembrava in stato di grazia, reduce dalla conquista del titolo mondiale di ciclocross.
In Francia, intanto, si è rivisto Alaphilippe, ma nella sua versione più maldestra. Non è mai stato un campione di eleganza, certo, ma i suoi attacchi avevano sempre quel sapore elettrizzante. Alla Parigi-Nizza, invece, i suoi scatti sono stati talmente spenti che il gruppo nemmeno si è disturbato a inseguirlo.
E poi c’è l’antagonista numero uno di Pogacar, che al momento appare però distante anni luce dallo sloveno.
La tattica del Team Visma è sembrata confusa: erano virtualmente primo e secondo sulla salita decisiva, con un buon margine su un gruppo di avversari pronti ad approfittare. Sarebbe bastato restare compatti per blindare la vittoria. E invece è stato proprio Vingegaard a rompere l’equilibrio, attaccando da solo e condannandosi a una disfatta clamorosa.
La gamba non c’è, si vede lontano un miglio.
Almeida – gregario designato dell’acerrimo rivale – si comporta da fuoriclasse: lascia cuocere a fuoco lento il danese e poi lo fulmina con un’accelerazione perfetta. Chapeau a lui.
Ma davvero, in un ciclismo ormai iper-tecnologico dove si misura anche il battito delle ciglia, Vingegaard non ha percepito di non essere nella condizione dei suoi giorni migliori? Sarebbe bastato collaborare con Jorgenson e tentare di salvare il salvabile.
Il problema più grande, però, è nostro.
Perché queste débâcle dei big non sembrano prepararci a una stagione epica. Per mettere in difficoltà Pogacar servirebbe un Superman. E, al momento, all’orizzonte non se ne vede nemmeno l’ombra.