Nel valutare, a caldo o a freddo, la scelta di neutralizzare i tempi nella frazione di Napoli, occorre prima di tutto comprendere il contesto. E non si trattava di una semplice pioggia passeggera.
Contrariamente a quanto molti credono, l’asfalto diventa più pericoloso non sotto un vero acquazzone, ma con una pioggerellina fine che bagna senza “ripulire”. Pensate allo sporco lasciato dagli scarichi, agli olii e ai residui che, nonostante gli standard Euro 5 ed Euro 6, si accumulano sul manto stradale. A terreno asciutto il grip c’è. Con pioggia intensa, l’acqua lava via il fango e il fondo, pur bagnato, mantiene una presa discreta. Ma quando l’acqua è poca e irregolare, si forma una patina micidiale di acqua, olio e gomma. Un mix esplosivo.
In più, lungo le coste l’aria salmastra rende il bitume ancora più liscio: ecco perché a Napoli, in certi tratti, il gruppo scivolava come su un vero e proprio ghiaccio.
In queste condizioni si cade anche sui rettilinei. Non serve toccare i freni, contrariamente a quanto riferito in telecronaca: basta un piccolo avvallamento per far “svanire” la bici da sotto. Le ossa che prendono lo schianto sono quasi sempre anca e gomito: fratture dietro l’angolo. E per chi viene subito dietro non c’è via di fuga: se frena, finisce a terra, se non frena, altrettanto.
Si poteva evitare tutto ciò? No, non era prevedibile. L’ho sperimentato personalmente in allenamenti di gruppo: si scatena dal nulla. La colpa è di un inquinamento che non si vede, ma lavora sotto il pelo dell’acqua. Ricordo in Germania una caduta a catena – circa 50 corridori – per lo stesso motivo, e un episodio analogo in gara in Polonia. In un attimo vedi compagni che cadono e capisci che non puoi farci niente. Anche solo sfiorare la leva dei freni significa ritrovarsi a roteare.
Si potrebbe correre più sicuri con ruote diverse? No. Che tu abbia un tubolare da 21 mm a 9 bar o un tubeless da 30 mm a 4 bar, il risultato non cambia. Anzi: ruote più larghe disperdono l’aderenza e aggravano la scivolosità.
Per questo ho apprezzato la neutralizzazione: conosco bene la sensazione di un rischio assurdo e di un’uscita di scena potenzialmente tragica. Nessuna classifica vale più di un bacino rotto o di settimane in ospedale.
L’unica vera via d’uscita è ridurre il traffico di auto e mezzi pesanti. È un discorso molto più ampio, ma in fondo potrebbe essere proprio la bicicletta la chiave per un futuro migliore.