Ancora una volta, nel giro di poco tempo, tutti noi appassionati di ciclismo ci troviamo a vivere ore di angoscia: l’atleta Claudia Cretti lotta fra la vita e la morte a causa di una caduta durante il Giro d’Italia Femminile. E così dopo Wouter Weylandt, tragicamente scomparso al Giro d’Italia 2016, e Antoine Demoitié, morto in gara durante la Gand-Wevelgem 2016, siamo di nuovo al cospetto di un fatto gravissimo. In queste situazioni spesso si cercano le colpe, si scarica tutta la responsabilità contro una specifica situazione mal gestita, magari un’auto sul percorso, una moto in un punto sbagliato (vedi Giro d’Italia 2017) o uno spettatore fuori posto, ma su tutto rimane un solo fatto certo: sta succedendo troppo spesso e con esiti fin troppo disastrosi. Non parliamo più di cadute con fratture o postumi da 40 giorni ma stiamo troppo sovente parlando di impatti con conseguenze irreparabili.

ESISTE UNA CULTURA DELLA SICUREZZA IN BICI IN GARA?

Quando i primi fautori della Sicurezza in Formula 1 iniziarono a cercare di smuovere gli animi, negli anni ’70, furono derisi. Gli veniva risposto che la Formula  è velocità e velocità e sicurezza non possono essere elementi della medesima equazione. Se vuoi pilotare accetti i rischi, altrimenti non guidare a questi livelli. Sembra incredibile con il senno di poi, vedendo i passi avanti dei circuiti di F1, delle auto, dell’attenzione prestata alla sicurezza. Nel ciclismo sta avvenendo proprio questo: chi parla di sicurezza viene schernito, gli viene detto che siamo su strada, non in una pista chiusa e che gli incidenti fanno parte del gioco. Siamo nel 2017 ma ancora i prodotti del mercato della bici vengono venduti in base alla leggerezza e al comfort, quasi mai in base al tasso di sicurezza.

Pensiamo alle Formula 1, dove sembrava impossibile fare qualcosa per la sicurezza e proiettiamo adesso la medesima immagine sul ciclismo. Si può realmente immaginare di fare qualcosa? La risposta è senza dubbi: Sì!

 

Daccordi - SICUREZZA IN BICI, UN PROBLEMA ANCHE IN GARA. MA SI STA REALMENTE FACENDO TUTTO IL POSSIBILE?

Wouter Weylandt, morto in discesa al Giro d’Italia

 

PERCORSI PERICOLOSI

Partiamo con il percorso del Tour de France che si sta svolgendo in questo momento. Alcuni hanno detto che la disastrosa caduta di Valverde è stata innescata da una macchia d’olio, altri hanno criticato la mancanza di protezioni sulle transenne. Ma diciamocela tutta: era veramente necessario preparare un percorso di una cronometro così pieno di curve, con tanto di strisce pedonali (scivolosissime)? Se c’era una macchia d’olio è da considerarsi un evento così strano? Le macchie d’olio su di una strada a traffico medio o elevato ci sono normalmente. Vengono lasciate da camion, trattori e piccole collisioni. Non si poteva evitare un tratto di curve su questo tipo di asfalto? E’ vero, pioveva. Ma a volte piove, lo sappiamo, e un’organizzazione di un Tour de France deve avere la certezza che sul percorso ci potrebbe essere la pioggia. E’ vero che si lavora molto sulle segnalazioni prima degli imprevisti, ma è chiaro che i percorsi seguono solo politiche derivanti dallo spettacolo ed economiche, mentre la sicurezza è in secondo piano.

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Sebastien Chavanel colpito dall’auto Shimano in gara

 

I MATERIALI

Diciamoci la verità: con i freni a disco è la prima volta che in un prodotto in vendita è stata menzionata la sicurezza. Quando leggiamo di test e prove di biciclette, il discorso cade su leggerezza, rigidità. A volte arriviamo ad estremi come la bici più leggera del Mondo, circa 2,7 kg. Ma onestamente la guidereste a 80 km/h ? Addirittura si parla di caschi con estetiche e design avveniristici. I guanti vengono quasi totalmente ignorati, eppure sono una parte fondamentale per la sicurezza. E se i guanti comprendessero una parte di protezione per il polso? Impossibile? Ripensate alla Formula 1 e non crediate che quell’ambiente sia così inarrivabile. Nella produzione di biciclette spesso lavoriamo materiali identici o persino parzialmente superiori a quelli del settore automotive, eppure  a questo Tour ci stupiamo, ancora, per le qualità aerodinamiche dell’abbigliamento della Sky senza mai pensare a cosa si potrebbe fare per la sicurezza.

 

UNA VOLTA ERA DIVERSO

Non venite a dire che le cadute ci sono sempre state. Questa Primavera è morto un ragazzo di 21 anni, Chad Young, 21 anni. Succede di continuo. Sono purtroppo cambiate tante cose. Vediamo una breve disamina di fattori di cambiamento spesso sottostimati

·         È aumentato a dismisura il traffico automobilistico comportando più sporco sulle strade, come detriti di gomme, carburante e olio.

·         Le strade di tutto il Mondo stanno peggiorando come qualità e manutenzione: la crisi economica si fa sentire dappertutto e ovunque aumentano le buche per strada. Basta pensare alle bici Gravel, nate in America anche per contrastare il peggioramento dello stato delle strade.

·         Bici e componenti sono molto leggeri e reattivi. Le bici di 20 anni fa non rispondevano ai comandi come quelle di oggi, ipersensibili.

·         Infine, da non sottovalutare che si va più veloci, sono migliorate le tecniche di allenamento ed è aumentato il numero dei partecipanti.

CONCLUSIONE

Viviamo in quel lasso di tempo equivalente agli anni ’70 della Formula 1. Il ciclismo deve entrare nel futuro, a partire dai corridori, che devono chiedere garanzie maggiori, senza chinare la testa a team e organizzatori. La sicurezza deve prendere il suo spazio. Sono sicuro che fra 20 anni si parlerà dei vecchi tempi, quando la sicurezza in bici non era nemmeno presa in considerazione.

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